Il "Lazzaretto"
LA PESTE NELLA VALLE OLONA
La peste nella Valle Olona si diffuse nel 1348, nel 1440, nel 1576 (“peste di S.Carlo”)
e nel 1630.
Quest’ ultima, nota soprattutto come la peste di Busto Arsizio, è la medesima che il grande scrittore Alessandro Manzoni ci ha raccontato nel suo romanzo i “Promessi Sposi” dove in un suggestivo e mistico alone di carità, l'Arcivescovo di Milano, il Cardinale Federico Borromeo, viene descritto nell’atto di recare agli appestati l’assistenza e il conforto della parola religiosa.
Venne portata dai Lanzichenetti, soldati di ventura al soldo dell’Imperatore Asburgico Ferdinando II composti in maggior parte da tedeschi, diretti nel mantovano dove era in gioco tra i potenti di allora, il dominio di varie terre e attecchì facilmente per le condizioni precarie di vita della popolazione che si nutriva di pane di crusca macinata, rape ed erbaggi d’ogni sorta e viveva in case umide e buie molte delle quali non in muratura. Il poco che si aveva, più delle volte era appannaggio delle violenze e delle ruberie dei gruppi armati d'ogni sorta che sciamavano in zona, assalendo comunità e cascinali isolati mentre da anni si ripeteva nelle campagne, una situazione di siccità che rendeva sempre più difficile la situazione di sopravvivenza. (°)
Inoltre come ci riporta la cronaca di allora, ci fù nella zona una grande invasione di ratti (topi) che per la gran fame rosicchiavano anche gli usci (porte) e dai quali le persone ben difficilmente si potevano difendersi.
In tale contesto, il male si diffuse in poco tempo e con veemenza e le vittime si contarono a migliaia. (La peste è una grave malattia acuta contagiosa in cui le ghiandole linfatiche si trasformano in “bubboni” e la morte avviene dopo alcune ore o al più tardi prima del 6° giorno dal contagio).
A Solbiate la peste arrivò con maggior violenza nel 1631 con uno strascico nel 1632. Dall’archivio parrocchiale sappiamo che nel 1632 ci furono 80 morti dei quali molti tra i 20 e 30 anni. (°°)
Una cifra elevatissima quando la popolazione di allora era costituita da 40 fuochi (famiglie patriarcali) per un totale di 400 abitanti ca.
Per isolare gli appestati fu allestito in quegli anni un LAZZARETTO, luogo di raccolta degli ammalati posto fuori dall’abitato, dove davano la loro assistenza e conforto alcuni Parroci della valle, volontari di Associazioni religiose e forse qualche medico o chirurgo proveniente da Busto Arsizio (Solbiate in quegli anni faceva parte della Pieve Religiosa di Busto Arsizio che per volontà di S.Carlo, nel 1589, era stata trasferita da Olgiate Olona).
Nel LAZZARETTO si procedeva anche alla disinfestazione in acqua bollente degli indumenti degli appestati i cui corpi dopo la morte, erano cosparsi di calcina e ubbidendo alle leggi del tempo, sepolti in una fossa comune.
Circa la sua struttura originale non abbiamo notizie precise. Il 15 agosto del 1632 fu celebrata a Gorla Maggiore una grande festa in onore della Madonna Assunta per l’avvenuta cessazione della peste a cui parteciparono tutte le popolazioni della valle. SOLBIATE in quegli anni era un povero villaggio di poche case dove il faticoso lavoro dei campi (si coltivavano frumento, segale, miglio, panico per il bestiame, uva) era affiancato allora dall’allevamento del baco da seta (numerosi erano i gelsi disseminati nei campi, mentre sappiamo dall’archivio parrocchiale che giovani donne morivano “cadendo da morone cattando foglia” cioè cadendo dal gelso). Nel 1670 ca. si iniziarono a Solbiate i lavori per la costruzione di una Chiesa (Oratorio) che ricordasse ai posteri tanta sventura e raccogliesse il suffragio dei buoni cristiani. (°°°)
Non è da escludere che l’area scelta per la costruzione sia quella occupata dal primitivo LAZZARETTO o dalla fossa comune con i poveri resti degli appestati. La piccola Chiesa od Oratorio ad “aula” il cui stile arieggia al barocco, venne terminata nel 1680 e dedicata a S. Gregorio I, il grande Papa che nell’anno 590 D.C. fece cessare la peste a Roma dopo tre giorni di processioni penitenziali e di digiuni. Più tardi tra il 1700 e il 1750 fu aggiunto alla struttura primitiva un portico a tre arcate su quattro colonne in muratura e pietra comune. Sotto il suo pavimento furono sepolti i morti dell’epidemia di colera del 1835/36 e del 1840 che aveva colpito le nostre zone. (il colera è un grave morbo epidemico caratterizzato da vomito, diarrea e crampi dolorosissimi il cui contagio è esclusivamente orale. Basta,quindi, bollire l’acqua e i cibi e difenderli dalle mosche per essere al sicuro da ogni contagio). Questa volta la mortalità tra i solbiatesi fù molto esigua (tre soltanto furono in morti che vennero registrati). I colerosi erano allora ricoverati in una casa di sussidio allestita per scopo con le offerte di alcuni benefattori. La miracolosa esiguità di morti avuta per il colera tra il 1835 e il 1840 fu attribuita dalla pietà popolare, alla devozione dei solbiatesi per la Madonna Immacolata davanti alla quale si facevano preghiere propiziatrici. (°°°°)
Come ringraziamento per tale grazia ricevuta, tutta la popolazione fece dono alla statua della Vergine in legno di ciliegio con ai piedi Gesù Bambino che trafigge con un dardo il drago, di due corone dorate. Tale stata era posta nella vecchia Chiesa Parrocchiale detta Famigliarmente del “Sacro Cuore”.
Attualmente si trova nella Nuova Chiesa Parrocchiale in una nicchia sul lato sinistro della navata centrale guardando l’altare. Non va dimenticato che a SOLBIATE il 23 agosto 1823 si registrò il primo indice d’industrializzazione con la nascita sulle rive del fiume Olona, sull’aerea dove esistevano due mulini a sostegno del lavoro agricolo (quello della “Misericordia” e del “Sig. Besozzi”), della ditta Andrea Ponti fregiata più tardi del titolo di “Regia Filatura del Regno Lombardo Veneto”. 153 furono le prime unità lavorative assunte tra cui 12 donne che per la prima volta ricevettero un salario sicuro, meno incerto da quello proveniente dal lavoro dei campi, anche se dai primi registri di fabbrica del tempo, si legge che “nella stagione estiva il numero delle lavoratrici presenti in filatura diminuiscono applicandosi ancora in maggior parte nei lavori agricoli. Tale fabbrica all’inizio del ‘900 assunse la denominazione di COTONIFICIO DI SOLBIATE assorbendo sempre di più mano d’opera femminile che in alcuni periodi superò anche le 400 persone.
Era oramai iniziata l’ERA INDUSTRIALE. Il LAZZARETTO od ORATORIO DI S. GREGORIO fu sempre meta di rogazioni e di processioni propiziatrici per il raccolto dei campi e lentamente con il trascorrere degli anni tale pratica devozionale venne tralasciata scomparendo definitivamente nell’immediato dopoguerra. Nel prosieguo del tempo il LAZZARETTO cominciò gradualmente a risentire della sua longevità(tetto cadente, infiltrazioni d’acqua, ecc) richiedendo parziali e temporanei interventi d’emergenza da parte della Parrocchia che si ebbero frammentariamente negli anni ’30 e ’50. Solo negli anni ’80 il locale GRUPPO ALPINI con la sua proverbiale generosità si è accollato l’impegno finanziario per un suo graduale e radicale ripristino onde portare il LAZZARETTO a un decoroso aspetto e utilizzo e custodirlo con amore per tramandarlo alle nuove generazioni quale vigile custode dei morti di peste e di colera tra il XVI E il XVIII secolo.
Richiami:
(°) Le notizie bustesi del tempo accennano che “non vi era figura di santo, né sottana di prete o di monaca che potesse tenere a bada quelle bande scatenate.”
(°°)Parroco di allora era Don Vincenzo Vergani (1614/1634)
(°°°)Parroco del tempo era Don Gaspare Buzzi che per oltre 50 anni presiedette la piccola comunità solbiatese (1634/1685)
(°°°°) Visse quel periodo il parroco Don Domenico Ongania (1834/1853)
BIBLIOGRAFIA
Le notizie storiche descritte sono state attinte dai seguenti testi:
“Ul sulbià di nostra vigi” di Aldo Tronconi
“Gorla Maggiore – Biografia di una Comunità” di Luigi Carnelli, Giampaolo Cisotto, Alessandro Deiana.
“Guida Numismatica” di Luigi Sachero
“Socio storia di Solbiate” degli Insegnanti Sandra Colombo, Gianna Bellancini
“Enciclopedia Universale Minerva” Ed. Gonfalonieri
“Archivio Parrocchiale” – Cronico
APPENDICE STORICA
Il piccolo borgo di SOLBIATE fu acquistato come “feudo” da Francesco Maria Terzaghi, figlio di Francesco Bernardino, Questore e senatore del ducato di Milano, il 23 giugno 1650 dopo gli anni bui della peste. (nel 1667 assumerà anche la direzione del feudo di Gorla Minore divenendone marchese).
L'illustre casata Terzaghi aveva la sua residenza abituale a Milano dove aveva relazioni con amici facoltosi della buona borghesia milanese. Divisa in numerosi rami, deteneva molte proprietà sparse nei paesi di Gorla Maggiore, Gorla Minore e Prospiano.
L’infeudamento di queste terre allora libere cioè non sottoposte a “signori” comprese quelle di Solbiate, venne trattato con il Governo del Ducato di Milano che si trovava allora in gravi difficoltà economiche da Mons. Carlo Giovanni Giacomo Terzaghi, persona altolocata nella città e presso la corte, al prezzo di 40 LIRE IMPERIALI D’ARGENTO ( o LIRE DI MILANO) per ogni fuoco o famiglia patriarcale (40/45 a Solbiate, 86 a Gorla Maggiore, 65 a Gorla Minore e 21 a Prospiano).
Per una sua ulteriore richiesta di costituzione di una primogenitura (diritto di passaggio del “feudo” con tutti i suoi benifici ai fratelli Francesco Maria e Uberto Terzaghi e successivamente ai loro eredi) fu offerta dall’ecclesiastico una maggiorazione di 15 lire (10 più ulteriori 5 lire) alle 40 precedentemente richieste dal Governo.
Va ricordato che in quel tempo assieme alla LIRA circolavano in Italia divisa in tanti piccoli Stati, diversi tipi di monete d’argento quali testoni, cornuti, cavallotti, scudi, talleri, armellini, giuli, carlini, ducatoni, pistre, oselle reali, coronati, filippi, luigini, dozzeni e tarì.
In queste condizioni era difficile poter confrontare i valori delle rispettive monete emesse dalle varie zecche con nominali molto differenti tra loro e con metalli a titolo diverso con forti disagi soprattutto per le persone analfabete e meno colte. La LOMBARDIA era allora occupata dagli Spagnoli che erano subentrati ai Francesi e governata nei termini di una amministrazione esosa e corrotta.
Tale periodo di occupazione iniziato nel 1535 si protrasse sino al 1713 dopo di che subentrarono con il trattato di Utrech, gli Asburgo (Austriaci).
Il dominio austriaco sarebbe durato, eccettuato la parentesi napoleonica, fino al 1859, anno in cui la LOMBARDIA fu unita al REGNO D’ITALIA.
NOTE AGGIUNTIVE
Nella pala d’altare è raffigurato S. SEBASTIANO il giovane cittadino milanese e centurione romano ucciso dai suoi stessi commilitoni del 288 D.C. durante la persecuzione di Diocleziano (un giovane seminudo saettato (trafitto)da frecce S. Sebastiano fu sepolto da una matrona romana, LUCINA, nelle catacombe che poi presero il suo nome sulla Via Appia e dalla quale S. Rocco risalendo la dedizione verso gli appestati (Acquapendente in provincia di Viterbo sulla via Cassia antica fu palestra della sua inesauribile carità.)
S.ROCCO è presentato in ginocchio, supplicante ai piedi del Santo con accanto un cane randagio. Si racconta che dolorante per un “bubbone” alla gamba, si isolò da tutti per non essere di peso a nessuno, fermandosi sulle rive del Po presso Piacenza. Si dissetò con l’acqua di una polla (vena sorgiva) e si sfamò con il magro cibo che ogni giorno un cane randagio gli portava. S. ROCCO nacque a Montpellièr in Francia verso il XIII secolo e viene considerato unitamente ai pellegrini, agli ospizi, il protettore degli appestati e si festeggia il 16 agosto (S. Sebastiano il 20 gennaio). °